Gli inestimabili contributi all'archeologia, alla lingua, alla cultura e all'arte dimostrano l'importanza delle popolazioni celtiche nella storia dell'Italia antica. I Celti, una poliedrica e dinamica civiltà di epoca pre-romana, hanno lasciato un'impronta indelebile sul panorama italiano, attraverso suggestivi epici saggi di invasione, colonizzazione e assimilazione. Questo articolo si propone di offrire un approfondimento dettagliato sulla presenza e l'influenza dei Celti in Italia.
I Celti erano tribù di origini indo-europee, note per la loro disposizione bellica, la loro arte evocativa e la loro spiritualità enigmatica, emerse in Europa Centrale durante il primo millennio a.C. Si diffusero in una serie di ondate migratorie, entrando in contatto - e spesso in conflitto - con le popolazioni locali, inglobandone i costumi e influenzandone lo sviluppo.
In Italia, i Celti migrarono in due fasi principali. La prima migrazione avvenne all'incirca nel VI secolo a.C., con le tribù dei Golasecchiani che si stabilirono in Piemonte. Circa un secolo dopo, gruppi più numerosi di Celti - conosciuti oggi come Galli - invasero il nord dell'Italia. Essi sconfissero gli Etruschi e occuparono i territori dell'attuale Lombardia, introducendo la cultura di La Tène, evidente nelle loro realizzazioni artistiche, nella lavorazione dei metalli e nelle tombe a tumulo.
I Celti non erano un gruppo omogeneo e le diverse tribù svilupparono le loro proprie usanze, formando quello che gli storici chiamano "celtismo gallico", uno stile di vita equilibrato tra pace e guerra. Nella vita pacifica, essi si distinsero nell'agricoltura e nell'artigianato, realizzando oggetti di raffinata bellezza.
Uno degli episodi più famosi della loro storia in Italia è l'invasione di Roma nel 390 a.C. I Senoni, una tribù gallica, saccheggiarono la città e solamente dopo il pagamento di un pesante riscatto, si ritirarono. L'evento segnò profondamente l'identità romana, instaurando un forte desiderio di vendetta che sfociò nelle Guerre Galliche di Cesare nel I secolo a.C.
Infatti, con l'espansione dell'Impero Romano, iniziò il processo di romanizzazione dei Celti in Italia. Molti assimilarono la lingua e la cultura romana, ma allo stesso tempo lasciarono il proprio marchio nel patrimonio artistico e culturale dell'Italia. Nel campo della metallurgia, per esempio, la lavorazione celtica del ferro ebbe un'influenza decisiva sull'artigianato romano.
L'eredità dei Celti in Italia sopravvive anche attraverso la toponomastica. Diversi nomi di città e regioni italiane conservano le loro radici celtiche, come Milano (Mediolanum), Bologna (Bononia), e la regione della Lombardia, derivata dai Longobardi, un'antica tribù germanica di origini celtiche.
L'impronta dei Celti in Italia è tanto profonda quanto sfumata, amalgamata nei secoli con l'apporto di altre culture. Oggi, riconoscere l'influenza celtica in Italia ci richiama al fascino dell'insieme di storie e culture che hanno contribuito a plasmare la ricchezza e la diversità della nostra identità.
Gli Scelaige, o Fili, erano i cantastorie dell'antica Irlanda. Erano figure di grande importanza sociale e culturale, custodi di un vasto patrimonio di miti, leggende, genealogie e conoscenze storiche. La loro arte, la filidecht, era altamente rispettata e tramandata di generazione in generazione.
Diventare un Scelaige non era un percorso facile. Richiedeva anni di studio intenso, durante i quali i giovani apprendisti venivano istruiti nelle arti della poesia, della storia, della genealogia e delle scienze naturali. La memoria era fondamentale, poiché dovevano memorizzare quantità enormi di testi e poesie.
Vi è una interessante e profonda differenza tra la religione celtica e quella dei germani, degli scandinavi, dei greco latini e con le religioni preesistenti l'arrivo del druidismo in Europa, di cui purtroppo abbiamo scarse informazioni.
Questa differenza consiste nel fatto che nonostante non si possa parlare dei celti come di un solo popolo omogeneo, unito ed organizzato, la loro religione era di gran lunga la più strutturata e gerarchizzata del mondo occidentale di allora, coincidendo in molti punti con quella dei bramini dell'India.
Il ruolo dei Brithem, o uomini di legge, nella cultura e società celtica offre uno sguardo approfondito su come le antiche comunità celtiche regolavano la loro vita sociale e giuridica. I Brithem erano figure centrali nella struttura sociale celtica, fungendo da giudici e mediatori in questioni legali e dispute tribali. Questo saggio esplorerà l'importanza e l'influenza dei Brithem, sostenendo che essi erano fondamentali non solo per il mantenimento dell'ordine, ma anche per la conservazione della cultura e delle tradizioni celtiche.
Innanzitutto, è essenziale comprendere il contesto storico e culturale in cui operavano questi veri e propri giudici. Le società celtiche erano incentrate su trubù piuttosto indipendenti e decentralizzate, caratterizzate da una complessa rete di clan e famiglie. In questo contesto, la legge non era codificata in forma scritta, ma tramandata oralmente di generazione in generazione. I Brithem, quindi, non erano solo interpreti della legge, ma anche custodi della conoscenza giuridica e delle tradizioni orali. La loro formazione era lunga e rigorosa, spesso iniziava in giovane età e richiedeva anni di studio sotto la guida di maestri esperti.